Can che abbaia? Sequestrato!

Can che abbaia? Sequestrato!
08 Febbraio 2017: Can che abbaia? Sequestrato! 08 Febbraio 2017

Per Corte di Cassazione penale, Sezione III, sentenza n. 54531 depositata il 22.12.2016 è legittimo il sequestro preventivo dei cani che abbaiano di continuo e lasciano le loro maleodoranti deiezioni nel cortile, dando così fastidio ai vicini di casa. I cani sarebbero, infatti, “cose pertinenti ai reati” la cui disponibilità da parte della proprietaria potrebbe protrarre la loro consumazione.  IL CASO. La proprietaria di tre cani adiva la Corte di Cassazione, lamentando l’illegittimità del provvedimento con cui il Tribunale del Riesame di Trieste aveva disposto il sequestro preventivo dei suoi animali. La ricorrente esponeva come i cani fossero esseri senzienti (le cui esigenze di benessere dovessero essere tutelate dagli Stati dell’Unione Europea ed ai quali non potessero essere cagionate sofferenze non necessarie), come l’allontanamento dei quadrupedi avrebbe cagionato loro uno stato di sofferenza e che, proprio perché li amava, mai li aveva sottoposti ad alcun maltrattamento. Contestava, dunque, l’insussistenza della contravvenzione di cui all’art. 659 c.p.c. (disturbo della quiete pubblica), sostenendo che l’abbaiare dei cani fosse un “fatto naturale”, “frutto di istinto insopprimibile” e che il Tribunale del Riesame di Trieste avesse confuso la “pluralità dei denuncianti” con l’“indeterminatezza delle potenziali persone offese”, requisito, quest’ultimo, necessario per l’integrazione di detto reato. Contestava, altresì, l’insussistenza del reato di cui all’art. 674 c.p. (getto pericoloso di cose) per difetto di pericolo per la salute pubblica, in quanto le deiezioni presenti nel cortile, pur maleodoranti, non avrebbero superato la soglia della normale tollerabilità, né avrebbero cagionato problematiche di carattere igienico. LA SENTENZA. La Cassazione ha replicato con tono icastico che “gli animali sono considerati “cose” assimilabili … alla res … e, pertanto, … possono costituire oggetto di sequestro preventivo”. La sentenza ha ritenuto prive di pregio le ragioni addotte dalla ricorrente. Con riferimento all’asserita considerazione dei cani quali “esseri senzienti”, in quanto tali degni di protezione giuridica, ha evidenziato come le stesse fonti sovranazionali evocate dalla ricorrente “altro non facciano che vietare l’inflizione agli animali di sofferenze non necessariema la “necessità” cui parametrare la liceità della condotta violenta nei confronti dell’animale “senziente” è quella dell’uomo, e non quella dell’animale”. Di talché ha escluso la possibile prevalenza dei bisogni degli animali sugl’interessi degli uomini: “Gli uomini sono superiori agli animali, sono padroni degli animali e li utilizzano per le loro esigenze, sia pure tentando di evitare loro sofferenze superflue perché non collegate al soddisfacimento dell’interesse umano”. Con riguardo, poi, all’asserita sofferenza che sarebbe derivata ai cani dall’allontanamento dalla loro padrona, la sentenza l’ha ritenuta “non dimostrata e niente affatto pacifica e indiscutibile” e, comunque, “priva di rilevanza rispetto alle esigenze umane che le norme di cui agli artt. 674 e 659 c.p. tutelano”. In ogni caso, la Cassazione si è premurata di rilevare che il sequestro avrebbe prodotto la “non provata minore sofferenza possibile per gli animali interessati, che non vengono né uccisi, né feriti o maltrattati, ma soltanto trasferiti in un diverso luogo di custodia”. Quanto, poi, al sentimento che la ricorrente avrebbe nutrito verso i propri animali, la sentenza ha evidenziato che non ne impedisce la loro sequestrabilità, in quanto, nell’ottica del bilanciamento tra interessi umani, “tale sentimento non può che cedere rispetto a quelli tutelati dalle norme penali già menzionate”, ossia il benessere e la quiete dei vicini di casa. Né la sentenza ha ritenuto fondate le ragioni addotte dalla ricorrente a sostegno dell’insussistenza dei reati di cui agli artt. 659 e 674 c.p. Con riguardo alla prima fattispecie, ha replicato che “la norma incriminatrice impone ai padroni degli animali di impedirne lo strepito, cosicché non può essere invocato un “istinto insopprimibile” del cane per sostenere l’insussistenza del reato” e che “è sufficiente l’idoneità della condotta ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone, non occorrendo l’effettivo disturbo alle stesse”. Con riguardo alla seconda fattispecie, configurabile anche in caso di “emissioni moleste olfattive che superino il limite della normale tollerabilità”, ha parimenti affermato che “non si richiede che la condotta contestata abbia cagionato un effettivo nocumento, essendo sufficiente che essa sia idonea a molestare le persone”. La Cassazione ha, quindi, concluso per la legittimità del sequestro preventivo dei cani, che vanno, pertanto, considerati a tutti gli effetti cose pertinenti al reato, la cui libera disponibilità da parte del loro padrone potrebbe fornire a costui l’occasione per reiterare le condotte moleste nei confronti dei vicini di casa.

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